Decreto liquidità: “No alla logica dei prestiti”

Decreto liquidità: “No alla logica dei prestiti”

Mamone (Unsic) sul decreto liquidità: “No alla logica dei prestiti, meglio l’azzeramento dei contributi”.

Il provvedimento governativo cosiddetto ‘liquidità’ parte da una logica sbagliata: far indebitare ulteriormente le aziende anziché farle ripartire. Offrire prestiti, ma lasciare invariati i pagamenti, specie i versamenti contributivi e fiscali, equivale a rinviare a qualche mese i problemi. Con il sovraindebitamento del tessuto produttivo e dar vita ad una partita di giro tra l’imprenditore, costretto comunque a far fronte alle scadenze, e lo Stato. C’è quindi un solo modo per fermare questo circolo vizioso: l’azzeramento, non la sospensione, perlomeno dei contributivi previdenziali per sei mesi. In sostanza è inutile la concessione di prestiti che poi rischiano di diventare un’ulteriore zavorra, tra versamenti dilazionati e rate”.

Decreto liquidità: il tessuto imprenditoriale alleggerito di scadenze

E’ quanto sostiene Domenico Mamone, presidente dell’Unsic, sindacato datoriale presente con numerosi sportelli in Abruzzo.

Vanno bene i provvedimenti di solidarietà per i lavoratori; come la cassa integrazione, che hanno dominato la scena. Ma il cuore pulsante della ripresa può essere solo il tessuto imprenditoriale, che va alleggerito di scadenze e di incombenze più che appesantito di debiti. L’abbattimento dei contributi ha già dimostrato, in passato, di essere una misura efficace sia per la crescita sia per l’occupazione; potrebbe essere attuato rivedendo l’impalcatura generale del sistema contributivo, orientato in una nuova solidarietà tra generazioni e tra contribuenti. In tal senso un provvedimento quale ‘quota 100’ è un privilegio che mal si concilia con il momento che stiamo vivendo; e dovrebbe essere rivisto in nome del principio di equità“. Continua Mamone.

Infine il presidente dell’Unsic, pur riconoscendo la validità del ‘reddito di cittadinanza’ in questa fase di emergenza, ritiene che i fruitori del reddito stesso, potrebbero essere utilizzati nel settore agricolo. Ramo che sta soffrendo la mancanza di manodopera. Ciò permetterebbe anche di restituire senso e dignità al lavoro agricolo; creando un’occasione di esperienza, e di combattere concretamente il caporalato.