Grano, i pastifici lanciano l’allarme: “Nel 2022 non ce ne sarà abbastanza”

Grano, i pastifici lanciano l’allarme: “Nel 2022 non ce ne sarà abbastanza”

CAMPOBASSO – Grano, i pastifici lanciano l’allarme: “A inizio 2022 non ce ne sarà abbastanza”. Per la precisione, a parlare con toni tutt’altro che allegri è l’amministratore delegato de La Molisana, Giuseppe Ferro. E sono parole molto importanti, poiché stiamo parlando del terzo pastificio italiano per valore.

“Il cuore del problema è in Canada – spiega l’ad in un’intervista a ‘Il Sole 24 Ore‘ – che è di gran lunga il primo produttore al mondo di grano duro e che quest’anno ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate anziché le solite 6,5″. Di conseguenza “tra marzo e maggio non avremo abbastanza grano per fare la pasta”.

Grano, i pastifici lanciano l’allarme: “A inizio 2022 non ce ne sarà abbastanza”

Ferro afferma che si sta già assistendo ad una corsa all’accaparramento: “Nemmeno durante la guerra mancò così tanto grano”. Il punto è che il grano “può essere stoccato per un anno o anche due, ma la semola dura solo un mese”. Le ripercussioni sui prezzi si vedono già. L’aumento ricade “su tutti, dai mugnai fino ai consumatori”, spiega l’ad. “So che Lidl ha già aumentato il prezzo della pasta di 10 centesimi – aggiunge – e mi aspetto che ben prima di Natale tutti prevedano aumenti tra i 15 e i 20 centesimi al pacco”. Anche Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia (Confindustria – Federalimentare) è intervenuta in merito ai violenti incrementi dei prezzi del grano duro susseguitisi nel corso degli ultimi due mesi.

La corsa delle quotazioni del frumento duro sui mercati internazionali e nazionali prosegue, di fatto, senza ostacoli. Silvio Grassi, Presidente Italmopa, parla di “andamento senza precedenti dei mercati che hanno registrato, in due mesi, incrementi delle quotazioni della materia prima superiori al 65%”. Le quotazioni del frumento duro nazionale hanno così superato, su alcuni mercati, 500 euro/t – rispetto ad una media di 250 euro/t nel corso dell’ultimo quinquennio – mentre quelle del grano di importazione sfiorano ormai 550 euro/t. Orecchie tese, dunque, per ciò che potrà accadere in futuro.