Nemici: un film di Milo Vallone, il “cineparrozzo”

Nemici: un film di Milo Vallone, il “cineparrozzo”

Pescara 02 marzo 2020. Descrivere “Nemici” di Milo Vallone è voler rappresentare nella maniera più divertente e tragica la società attuale. Ma più che altro il “punto di rottura” tra la mente razionale e l’irrazionale.

Un film fuori dagli schemi, insomma, che diventa una sorta di simpatica “sega mentale” e, se vogliamo, compenetrante lo strato sottile della fragilità umana, che si riversa in un panegirico di pensieri automatici e continui portatori di tensioni e di sofferenza. Una sorta di masochismo rivisitato in una chiave sottile e ironica che, nella maggior parte del tempo, è più simbolica che reale.

Milo Vallone, attore e regista pescarese, nella serata del 27 febbraio in anteprima nazionale, ha presentato un film a confine tra un mondo esilarante ed una compagine di vita dalle sfaccettature umoristiche. Tutto sempre tenendo ben presente che si tratta di una “caricatura”, o come rileva lo stesso, una rappresentazione filtrata.

Vallone, intervistato dalla presentatrice Mila Cantagallo sul palco del Teatro Cinema Massimo, si è raccontato alla sua città; agli amici e ad un pubblico curioso di scoprire la nuova produzione.

Sul palco presenti, oltre che al cast di Nemici, altri personaggi di rilievo; come Nicoletta di Gregorio, (presidente della Fondazione Pescarabruzzo) e Luigi Francini, (titolare del Parrozzo D’Amico).

Nemici: il film

La trama, che vede coinvolti tre personaggi apparentemente diversi tra loro, il cui unico fine è Il rapimento della nota presentatrice Maria De Filippi, è un mix di divertimento e Poesia.

Un’animosità continua, esaltata dalla straordinaria interpretazione di Valeria Angelozzi. Bravissima e coinvolgente nel ruolo di Silvia, cantautrice, figlia di un barman e di una madre biologa morta anni prima.

Una donna che le ha insegnato i valori della vita e, soprattutto, a credere nei propri sogni e lottare per i propri obiettivi.

Il ruolo dell’Angelozzi, un personaggio plasmato addosso all’attrice, è definito perfetto dallo stesso autore che ne esalta le qualità interpretative.

In Silvia però, quei principi tanto ricercati, si frantumano dopo l’ennesimo rifiuto ricevuto durante un provino. Negazione che provoca in lei rabbia e frustrazione agitandole dentro, una reazione a catena delirante; che la porterà a porsi numerose domande sulla vita e che osanneranno il suo mondo delicato, frammentario e non appagato; una paturnia talmente affascinante, da coinvolgere emotivamente Sergio di Marco, interpretato da Milo Vallone.

Sergio, un uomo che sin da subito lascia intendere di essere quello più ragionevole di tutti. Sempre in perenne perplessità, ma con una pungente vena sarcastica. Tanto da fare un po’ da traino alla “pazzia” spassosa dei vari personaggi e al voluto richiamo all’accettazione del pubblico.

Ma Sergio è anche “l’uomo del dubbio”, quello che costantemente, come tutta la sua vita, non si espone più di tanto.

Passa da un’esistenza semplice, con la routine che ne consegue, a una sorta di evasione dalla realtà, voluta o non, che quasi gli causa di una lieve instabilità mentale.

Serietà e umorismo

Sergio di Marco è il “buon padre di famiglia” serio e, dedito al lavoro. Quasi idolatrante di sua figlia, bravissima ballerina che lo stesso vuole elevare in tutti i modi. Ma, nel momento in cui quest’ultima decide di mollare tutto, anche lei vittima di un sistema illusivo e fatiscente, l’equilibrio emotivo di Sergio s’incrina.

L’idea poi che, per diversi motivi, sua figlia come tanti altri giovani, vede crollare i propri ideali e gli sforzi di una vita, lo cambia sensibilmente; e quasi in modo irreversibile.

Sergio si rende conto di cosa vuol dire “sprecare una vita”. Ed è lì che decide di uscire dalla sua comfort zone per aprirsi ad una disavventura tutta da ridere.

In questo frangente, subentra anche l’isteria della moglie di Sergio. Che rispecchia fondamentalmente la classica madre burlesca e un po’ troppo chioccia, che non accetterà le decisioni della figlia. Il tutto assumendo poi un aspetto diametralmente opposto.

Sergio, insomma, inizia a vacillare. In un attimo di sconforto, mentre pranza con l’amico Max, (confidandogli le sue perplessità), incontra Silvia e da questo momento si lascerà trasportare.

E Max? Max – nella fattispecie Massimiliano Elia – è uno dei personaggi più riusciti del film.

Simpaticissimo, quasi fuori logica, con un’esaltante verve comica ed una mimica naturale inequivocabile, è sin da subito il jolly del lungometraggio.

Max, è un farmacista per convenzione, figlio di farmacisti. Pur non lasciando mai immaginare il reale motivo del suo coinvolgimento, finisce per assecondare l’amico ferito e la “particolare” amica; così definita da lui stesso.

In apparenza fuori contesto, perde Stefania – l’amata fidanzata – per un talent televisivo e, nonostante questo, la sua vita sembra scorrere felice. Poiché i suoi unici obiettivi sono quelli di accettare, in effetti le cose per quelle che sono.

Il “Cineparrozzo”

Tra “Chinotti e biscotti” che producono gli zii, Max sembra riempirsi la vita; fatta di gesti semplici e genuini a tal punto da lasciare la sala, fino all’ultimo, emozionalmente divertita. Impegnato a vivere e a non porsi mai domande, ma agendo come un romantico sognatore. Max è uno che per stare bene ha capito che l’attenzione va rivolta altrove.

Il trio insomma, decide di compiere l’impresa. Programma ogni dettaglio. Ma nel momento in cui si trovano l’ostaggio tra le mani, si rendono conto di aver fatto una pazzia. E ed è in quel momento che il vero film a inizio.

Nell’immaginario collettivo, la storia va avanti tra analessi e prolessi cui staccano attimi e sequenze sul presente. Momenti tangibili che si alternano a istanti di fantasia, soprattutto rivisitati nella mente idealista di Max che dà al film una connotazione d’incomparabile humour.

Nel contesto, il dislivello che si crea tra l’illusione e la realtà, rende Maria De Filippi, l’ossessione dei tre. Ritenuta il capostipite di questo genere di produzioni, responsabili del degrado sociale e della disistima di molti ragazzi.

Abbandonata, dunque, completamente la normalità, il delirio dei tre corrisponde alla contrapposizione tra verità e utopia. Rilevando come il successo “mitizzato” sfocia inevitabilmente nell’amarezza e nell’insoddisfazione.

I personaggi di Milo Vallone coesistono in lotta con le loro dissonanze, spesso dalle tinte forti, ma anche semplici. In una narrazione originale, e inoltre sensibilmente educativa, che porterà alla valorizzazione delle vite umane.

Nella fase cognitiva, infatti, ogni personaggio passerà dall’essere quasi un “automa” in perenne tensione – o privo di emozioni – a rompere talmente tanto gli argini della fantasia, da mettere in scena un piano assurdo come quello di rapire un personaggio famoso.

Nemici: conclusione

Il film, mostra la forza e la fragilità dell’essere umano nell’ottica delle “trappole mentali” che talent e reality show causano a molte persone.

A farla breve, il film di Milo Vallone è uno “spasso”. Una trama originalmente armonica e imprevedibile. Dal finale non scontato, che comunque rispecchierà la positiva e stramba vicenda nella quale, si ritrovano coinvolti tantissimi personaggi del mondo dello spettacolo. Interpreti che hanno arricchito di futura e presente valenza storica, questo lungometraggio del regista pescarese.


La prossima presentazione di Nemici, ci sarà a Roma il 2 aprile. Presso il Nuovo Cinema Aquila.

di: Stefania Di Francescantonio.

Fonte Immagine: pagina Facebook Ufficiale.

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