Autocombustione: fenomeno incontrollabile

Autocombustione: fenomeno incontrollabile

Il fuoco, nella storia dell’uomo, da sempre riveste un ruolo che ha segnato la sua evoluzione, esattamente in misura – almeno pari – alla postura eretta conquistata dai nostri antenati. La possibilità di controllarlo prima, e di riprodurlo poi ha, infatti, reso possibili alcuni cambiamenti, spesso spaventosi. Usato come supplizio e tortura da alcuni inquisitori come Torquemada, rientra nei fenomeni incontrollabili ed inspiegabili come la combustione umana spontanea, ovvero quando un organismo prende fuoco improvvisamente e senza una causa apparente. Nella maggior parte dei casi il corpo è letteralmente carbonizzato senza che il fuoco tocchi l’ambiente circostante. Ma un corpo umano può semplicemente prender fuoco senza alcuna fonte esterna?

Ma soprattutto, è davvero possibile tutto questo? cioè: è possibile che l’uomo possa in qualche modo restare vittima di autocombustione? Per secoli, i ricercatori si sono chiesti se la risposta a tale domanda fosse affermativa. Cioè se gli esseri umani potessero bruciare spontaneamente, ovvero prendere fuoco senza essere “innescati” da una fonte esterna. Nonostante si ritenga che i primi fenomeni riconducibili risalgono al 1641, nessuna fonte contiene una veridicità assoluta.

Terrificanti casi di autocombustione

Più di 200 incidenti di combustione umana, spontanea, sono segnalati in tutto il mondo. Tra quelli più famosi, si ricorda della Contessa Cornelia Zangari Bandi di Cesena, nonna materna di colui che sarebbe diventato papa Pio VI. Si narra una scena agghiacciante, nella quale, una mattina, la domestica trovò, al posto dell’anziana donna solo alcuni resti: i piedi, un pezzo di gamba fino alle ginocchia e parte della testa; e ancora tre dita e un cumulo di cenere.

Nel 1731 padre Giuseppe Bianchini descriveva l’episodio, alla Royal Society di Londra, raccontando come la stanza fosse impregnata di una strana sostanza grassa e giallastra e che della donna, allora 62 enne, restavano solo poche tracce. Questo caso affascinò così tanto Charles Dickens, al punto da far morire così un personaggio dei suoi romanzi in: “Bleak House“. Ma c’è di più. Non a caso, è proprio a quest’ultimo che si deve un’importante ricerca. Dickens accusato dalla critica di aver legittimato qualcosa che non esisteva, indicò, in sua difesa, una ricerca che mostrava ben 30 casi storici accertati.

Storie simili

Poco tempo prima, c’era stato un altro episodio raccapricciante, quello di Nicole Millet, moglie di un oste parigino. Nel 1725, mentre il marito si apprestava ad aprire la locanda, venne investito da un odore nauseabondo di fumo e carne bruciata. Corse all’interno e trovò in cucina i pezzi di un corpo, quasi completamente ridotto in cenere. Si riscontrò che si trattava proprio della moglie, tuttavia, fatto ambiguo e apparentemente inspiegabile, mise in luce come gli utensili di legno intorno alla moglie non erano arsi, anzi erano in perfette condizioni. L’uomo fu sospettato e portato in tribunale, ma in appello, la difesa si avvalse della teoria dell’autocombustione, così fu scagionato.

Più recentemente, sono stati sospettati vari casi di SHC (combustione umana spontanea). Non è raro leggere, in fase di ricerca, che polizia e/o vigili del fuoco, ritrovino dei cadaveri bruciati con intorno mobili ancora intatti. Per esempio, un medico legale irlandese stabilì che la combustione spontanea aveva causato la morte, nel 2010, del 76enne Michael Faherty, il cui corpo, gravemente ustionato, fu scoperto vicino a un camino in una stanza praticamente priva di danni da incendio. Il pensionato irlandese, un attimo prima era seduto in poltrona tranquillo, (dove esattamente si trovavano le ceneri) e, un secondo dopo divenne una torcia umana.

Fenomeni incontrollabili

Quali sono le teorie?

Considerando che il corpo umano è composto per lo più da acqua e, che le uniche proprietà altamente infiammabili sono il tessuto adiposo e il gas naturale, la possibilità che l’SHC sia un fenomeno reale, sembra remota. Molti scienziati respingono la teoria, sostenendo che una fonte di fiamma non rilevata, come un fiammifero o una sigaretta, rappresenti la vera causa del fenomeno in questione. In genere, le vittime decedute sono state trovate vicino a una fonte di fuoco e le prove suggeriscono che molti di loro, accidentalmente, si siano dati fuoco mentre fumavano o cercavano di accendere una fiamma.

D’altra parte, coloro che si dichiarano convinti del fatto che il corpo umano debba raggiungere una temperatura di circa 3.000 gradi per essere ridotto in cenere, sostengono anche che, in assenza di un fattore reale di SHC, sembra impossibile che anche i mobili non brucino. Tra le cause proposte per il presunto fenomeno vi sono i batteri, elettricità statica, l’obesità, stress e, soprattutto, il consumo eccessivo di alcol. Tuttavia, nessuna è stata finora avvalorata dalla scienza.

Casi comprovati da testimoni

Più recentemente, nel 1967 in Inghilterra, il passeggero di un autobus, notò delle fiamme blu dietro la finestra di un condominio. Pensò si trattasse di un getto di gas e chiamò i vigili del fuoco che, al loro arrivo, trovano il corpo di Robert Francis Bailey, un senzatetto. Un vigile del fuoco riferì di aver visto una fessura nell’addome dell’uomo dalla quale usciva proprio del fuoco blu. 

Jacqueline Fitzsimons, è forse l’unica vittima veramente giovane della casistica conosciuta, diciassette anni appena, studentessa di un Istituto Alberghiero. Tra una lezione e l’altra, era solita fermarsi a chiacchierare con le amiche lungo il corridoio, quando un giorno, all’improvviso disse di non sentirsi molto bene. Avvertì un bruciore sulla schiena, sebbene sembrasse molto calma. Ad un tratto le sue compagne la guardarono e in pochi istanti fu avvolta dalle fiamme. Jeanne iniziò a gridare solo quando i suoi lunghi capelli presero fuoco, i soccorsi arrivano immediatamente. In meno di un minuto le insegnanti le strapparono via i vestiti in fiamme, le prestarono le prime cure, e poi venne portata in ospedale. Nonostante ciò la ragazza morì nella clinica di Cheshire, in Gran Bretagna, dopo quindici giorni dal tragico incidente.

Un’ipotesi papabile

Uno degli scenari possibili è quello del biologo britannico Brian J. Ford, che nell’agosto 2012, descrisse i suoi esperimenti di combustione sulla rivista New Scientist. Secondo Ford, un accumulo di acetone nell’organismo (che può derivare dall’alcolismo, dal diabete o da un particolare tipo di alimentazione) poteva/può portare alla combustione spontanea.

Ad ogni modo, ancora una volta, dobbiamo sottolineare che nessuno ha mai provato (o smentito) in modo definitivo l’esistenza dell’SHC. La maggior parte degli scienziati ha affermato che esistono spiegazioni più probabili per ciò che è accaduto. a coloro che sono morti nei casi di cui abbiamo parlato. In modo romanzato potremmo concludere semplicemente. che i roghi non illuminano solo le tenebre, il fuoco è sempre e, ragionevolmente rimarrà, il più terribile degli elementi.