40 anni senza Bob Marley

40 anni senza Bob Marley

ROMA – 40 anni senza Bob Marley. Il mito del reggae. L’attivista che si batteva contro il razzismo e l’ingiustizia sociale. “Legend”, il greatest hits che riassume tutto il meglio della sua produzione, è uno degli album più venduti di sempre nonché il disco reggae più acquistato in assoluto. Ma chi era Bob Marley? Era un uomo del suo tempo che credeva, però, nell’idea di un mondo diverso, da lui portata avanti in maniera pacifica e sotto l’egida della musica, della marijuana e della religione rastafari.

Un progetto di vita, il suo, forse meno politico e “militante” di quello di John Lennon, ma con il medesimo obiettivo: disegnare un domani diverso, alternativo, dove tutti potessero stare in armonia tra loro. Purtroppo fu proprio per non venir meno al suo credo religioso che Marley si decise troppo tardi a curare una forma di melanoma maligno alla pelle, cresciuta sotto l’unghia dell’alluce. E così, l’11 maggio 1981, ci lasciò.

40 anni senza Bob Marley

Il catalogo musicale di Bob ha venduto milioni di album in tutto il mondo e, tra i riconoscimenti ottenuti, sono inclusi la Rock and Roll Hall of Fame (1994) e la Ascap Songwriters Hall of Fame (2010), un Grammy Lifetime Achievement Award (2001), oltre a numerose Nomination nella Grammy Hall Of Fame ed una stella nell’Hollywood Walk of Fame (2001).

Capolavori in grado di trasmettere l’eredità artistica, sociale e spirituale di un personaggio che, nell’era digitale, continua ad avere un successo straordinario sul pubblico di ogni età, risultando, secondo i social media, l’artista più popolare di qualsiasi celebrità postuma, con la pagina Facebook ufficiale seguita da quasi 70 milioni di fan. Tra i suoi album non può ovviamente mancare “Bob Marley & The Wailers-Live Forever: The Stanley Theatre, Pittsburgh”, edizione ufficiale dell’ultimo storico concerto live del “profeta” del reggae.

Un mito immortale e indimenticabile

Poco più di 40 anni fa, infatti, il 23 settembre 1980 Marley e la sua band, The Wailers, si esibivano con il loro “Uprising Tour” in Pennsylvania, allo Stanley Theater. Sarebbe stato il suo ultimo concerto, prima della prematura scomparsa. Diventato un eroe per milioni di persone grazie a canzoni che parlano di sofferenza e salvezza, sebbene esausto e già provato dalla malattia, in quella serata memorabile Bob Marley propose una grandiosa e trionfale setlist. 

Successi come Coming in from the Cold, Work, Could You Be Loved, la leggendaria Redemption Song e Zion Train (tratti dall’album pubblicato quell’anno, “Uprising”) ma anche classici del suo repertorio come Positive Vibration, No Woman, No Cry, Jamming, Exodus e Is This Love. Anni dopo Roger Steffens, biografo ufficiale di Marley, dichiarò: «Bob salì su quel palco sapendo di essere condannato ma, ascoltando lo show, non ci sono segni di dolore, nessuna debolezza: è un’emozione straordinaria». Ancora oggi sentiamo la mancanza di questo mito immortale e indimenticabile. Get Up, Stand Up.