Il 13 apostolo e Antonio Baschenis

Il 13 apostolo e Antonio Baschenis

Può succedere che un pittore chiamato ad affrescare un Cenacolo, disponga attorno al tavolo tredici apostoli più Cristo? Questo avviene nell’Ultima Cena, realizzata da Antonio Baschenis presso la chiesa di Santo Stefano a Carisolo, in provincia di Trento. In realtà gli apostoli sono dodici e quella sera a tavola siedono in tredici, dunque i conti non tornano. Perché allora, soprattutto in alcuni affreschi medievali, è raffigurato il 13 apostolo?

Antonio Baschenis e un apostolo di troppo: il 13 °

La prima testimonianza dell’esistenza della chiesa di S. Stefano risale al 1244 e le decorazioni pittoriche iniziano probabilmente nel 1461. A questa data appartiene l’affresco di Antonio Baschenis che rappresenta una splendida tavola, ricca di bicchieri e brocche, come di pani e pesci. Possiamo perderci tra i particolari, come ad esempio la presenza di gamberi rossi, che indicano il dolore, il sangue versato da Gesù. Ogni apostolo ha la sua epigrafe con il nome; tuttavia quando finiamo di contarli troviamo “un intruso”. Si tratta di Mattia che si trova esattamente alla nostra sinistra, proprio verso l’estremità del tavolo, un vero e proprio falso storico. Perché Mattia si aggiunge al collegio apostolico solo dopo il tradimento e il suicidio di Giuda. Un dettaglio che non avrebbero gradito i padri del Concilio di Trento, per cui l’arte non deve immaginare ma raccontare ciò che riferisce la Bibbia.

L’emblema dell’invulnerabilità della Chiesa

Infatti, questi sono gli anni in cui si combatte lo scisma luterano e bisogna considerare che la provincia trentina è molto esposta all’eresia nordica. Ed è intuibile che nell’affresco, i committenti vogliono sottolineare che eventuali attacchi da parte di traditori non avrebbero messo in pericolo la stabilità della Chiesa. Quindi la presenza del tredicesimo apostolo trova spiegazione in una necessità di propaganda politico religiosa. Nella scena, la scomparsa di Giuda non è ancora avvenuta. Eppure, ecco che il pittore anticipa l’avvento di Mattia. È lui il simbolo della tempestività della Chiesa stessa, che arriva a colmare i vuoti che si creano in essa. Ma chi è il tredicesimo apostolo? Appartiene alla cerchia allargata dei settanta discepoli, coloro che seguono il Signore, pur non appartenendo al gruppo dei fondatori. Nondimeno, Mattia il cui nome, in ebraico, significa Dono di Dio, segue silenziosamente Cristo dal Battesimo fino all’Ascensione.

L’importanza delle immagini

Quindi la sua figura è essenziale perché alla luce di quanto scritto è lui a restituirci il senso di tutta la rappresentazione. Poiché proprio lui irrompe sulla scena e arriva a sostituire Giuda, al fine di far dimenticare il suo tradimento. Ma è anche una lezione sul perdono per tutti i fedeli che arrivano ad ammirare questo capolavoro. Nel Concilio di Trento, infatti, erano state dedicate riunioni interne alla discussione sull’importanza di educare il popolo mediante le immagini. Quindi questo affresco regala una istantanea di quello che è stato il nuovo corso di una storia scritta dagli uomini nel segno della fede. Quella convinzione incrollabile che ha cavalcato i secoli per tramandare la sua eterna passione attraverso l’arte.


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