Vita da detenuti: come è la vita dietro le sbarre

Vita da detenuti: come è la vita dietro le sbarre

Dopo la condanna c’è sempre una pena da scontare, questa deve però avere un valore rieducativo e risocializzante. Infatti in carcere la vita da detenuti prevede un lavoro: call center, cucina, pelletteria. C’è chi studia e anche chi è disoccupato.

Vita da detenuti nel carcere

Il lavoro in carcere da senso alle ore che altrimenti passano in maniera passiva. Quindi la vita da detenuti prevede un lavoro e la possibilità di studiare, questo permette di mantenere un contatto con la società. Hanno uno stipendio chiamato mercede, denaro che i detenuti destinano alla famiglia o tengono per se. C’è chi studia, altri ai fornelli, alcuni rispondono al centralino del call center e chi crea borse. Per esempio i coniugi condannati all’ergastolo per la strage di Erba, Olindo Romano è ai fornelli nel centro clinico del carcere di Milano-Opera. Mentre Rosa Bazzi è inserviente nella casa di reclusione di Bollate, ed è impegnata nella creazione di borse e accessori di cuoio per una cooperativa. Come anche Cosima Serrano e Sabrina Misseri, recluse nella casa circondariale di Taranto per l’omicidio di Sarah Scazzi. Le due donne svolgono attività di volontariato per la sartoria istituita nella sezione femminile.

Call center per Alberto Stasi e Salvatore Parolisi

Il carcere prevede anche la possibilità di parlare al telefono, sempre per lavoro. Condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, Alberto Stasi è impegnato come centralinista nella casa di reclusione di Bollate. Nello stesso modo Salvatore Parolisi, che sconta 20 anni di reclusione per l’omicidio della moglie Melania Rea, ambisce di lavorare nello stesso call center. Una Cooperativa sociale che si chiama Bee.4. Sempre a Bollate è detenuto pure Massimo Bossetti, per l’omicidio di Yara Gambirasio. L’ex muratore lavora per conto di un’azienda che, insieme a Bee4, ha creato il progetto Second Chance ovvero rigenera macchine per caffè espresso.

C’è anche chi studia e chi è disoccupato

Veronica Panarello condannata a 30 anni di reclusione per l’omicidio del figlio Loris frequenta nel carcere di Torino un corso per operatore dei servizi sociali. Agli studi ha deciso di dedicarsi anche Michele Buoninconti, condannato a 20 anni per l’omicidio della moglie Elena Ceste. L’ex vigile del fuoco fa il tutor universitario e mette la sua esperienza al servizio di altri detenuti-studenti che hanno bisogno di sostegno. È temporaneamente disoccupato Antonio Logli, condannato a 20 anni per l’omicidio della moglie, Roberta Ragusa, che sconta la pena nel carcere di Massa. Disoccupato anche Manuel Foffo, detenuto nel carcere di Rebibbia e condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Luca Varani. I due sono inoccupati e in attesa di lavorare. Insomma colpevoli o innocenti una cosa è certa, la vita in carcere continua tra chi lavora e chi studia.